“Largo / Nello Fabrizi (1919-2011) / Poeta”

Lunedì 21 marzo 2011,

giorno di Primavera

alle ore 11.30

presso il Polo scolastico di Villa Strada

CERIMONIA DI INTITOLAZIONE

del Largo antistante il Polo scolastico di Villa Strada

al poeta cingolano NELLO FABRIZI (1919-2001)


 (Nello Fabrizi al lavoro - Foto di Giorgio Fabrizi)
...

Interverranno nell’ordine:

Gilberto Giannobi, Assessore comunale

Luca Pernici, Direttore Biblioteca comunale

Annamaria Abbruzzetti,  “Voci Nostre

Fabrizio Fabrizi, a nome della Famiglia

Gli alunni delle elementari di Villa Strada


Conclude:

il Sindaco di Cingoli, Filippo Saltamartini

con scopertura della Targa toponomastica

Clicca qui per visionare la locandinadell’evento

NELLO FABRIZI (1919-2001)

di Luca Pernici

Letto il giorno 21 marzo 2011 a Villa Strada in occasione dell’intitolazione di “Largo Nello Fabrizi”


Nello nasce a Cingoli, in frazione Villa Pozzo, il 6 aprile 1919, secondo dei dieci figli di Francesco e Angela Fabrizi.

All’età di sei anni, è il 1925, Nello inizia a frequentare le scuole elementari e insieme a muovere i primi passi nella professione paterna e di famiglia quella del fornaciaio (i Fabrizi possedevano una fornace a legna nella quale lavoravano molti abitanti del luogo).

Terminate le Scuole medie nel mezzo degli anni ’30 si iscrive alle Scuole magistrali della città di Camerino, non essendo a Cingoli ancora state istituite, seguendone le lezioni per corrispondenza.

Non ancora terminati gli studi magistrali, nel 1938 nello si arruola nella Marina Militare Italiana, mettendo firma per un periodo di quattro anni. Viene inizialmente stanziato nella città di Pola.

A metà circa del suo periodo di ferma volontaria, il 10 giugno 1940, l’Italia entra in guerra a fianco della Germania di Hitler.

Quelli che sarebbero dovuti essere 4 anni sarebbero diventati così ben 7 e gli ultimi tre dei quali sarebbero stati terribili. A Spalato infatti, nell’estate del 1943, cambiati ormai i rapporti tra Italia e Germania, Nello viene fatto prigioniero e trasferito nel campo di concentramento nazista 1130/G.W. di Grossraming in Austria.

Di tale dolorosa e terribile esperienza Nello darà poi testimonianza nelle pagine di un piccolo oposculo da lui indicato come “Un uomo nella tempesta” ma dal titolo originario di “Uomini e… bruti”.

Per una serie di fortunate circostanze sul finire del 1945 Nello torna sano e salvo a casa, anche se un po’ malridotto, con i segni tangibili e non, della “tempesta” addosso!

Il periodo successivo a tale estrema e negativa esperienza è per Nello invero incredibilmente positivo!

Nel periodo iniziale del 1946 prende a Camerino quel diploma magistrale a cui tanto aveva ambito e nell’ottobre successivo, il giorno 13, si sposa: con Settina Penna di Mummuiola, dalla quale avrebbe avuto 4 figli (Basilio, Fabrizio, Flavia e Filippo).

Il 3 febbraio del 1947, Nello inizia la sua carriera di Maestro di Scuola Elementare, prima a Cervidone, poi a Troviggiano, Castel Sant’Angelo, Valcarecce e infine, dal 1949, a Villa Strada, dove era intanto andato ad abitare, e dove insegnerà ininterrottamente fino al 1977, anno del suo pensionamento.

Parallelamente all’attività lavorativa, didattica, della cui importanza sociale e culturale fu sempre profondamente convinto, Nello, all’insegna anche del grande amore per la letteratura maturato fin da giovane età, si dedicò con passione, perizia e costanza alla produzione poetica in lingua dialettale cingolana. Pubblicando in riviste letterarie locali quali “Voci Nostre”, “Jesi e la sua Valle”, “Corriere Cingolano”, “il Faro” e curando personalmente 3 sue raccolte poetiche: Cicalate (1962), A Bibbia de Nonno Checco (1982) e Mojiche (2000).

Nella sua produzione Nello ha saputo rappresentare in modo pregnante e insieme immediato la società, la tradizione, insomma la vita del suo tempo nei suoi vari e mutevoli aspetti; e ciò nel modo che ne avrebbe potuto ridare tutta e piena la realtà, vivacità e vicinanza: ovvero con il dialetto.

La produzione di Nello Fabrizi è infatti, e ciò per convinta consapevolezza, quasi esclusivamente in lingua dialettale cingolana. E ciò lungi dall’essere o poter essere considerato un fattore limitante e quasi un disvalore va considerato invero come un importantissimo e non eguagliabile elemento di valore.

Una scelta obbligata si potrebbe dire!

Nello comprese e intese, infatti, trasmettere con tale meditata scelta linguistica come ogni realtà abbia il suo linguaggio e che in certo modo se non detta in quel linguaggio essa risulti più scialba, sbiadita, insipida.. più povera… insomma quasi un’altra cosa.

La curiosità per tutte le cose, il saper vedere la bellezza in esse e la gran voglia di dirle tutte queste cose, di raccontarle, in tutti i loro aspetti, per farle rivivere… e farle rivivere in quel modo in cui egli stesso le aveva viste darsi, le aveva viste vivere, le aveva viste essere vita… ripercorrendole e narrandole in un modo sempre particolarissimo e sinceramente intimo, immediato, spontaneo, ma insieme sempre consapevole… un modo questo singolarissimo che Nello stesso paleserà attraverso la metafora del pittore in suo componimento dedicato all’attività del poeta, intitolata appunto “U poeta” (Mojiche, pag. 84).

Strofe di settenari e ottonari con rima alternata ‘sì che i settenari rimano tra loro e così gli ottonari…

C’è tutta la perizia e l’artigianalità del mestiere, silenzioso e umbratile, del poeta.

L’artigianalità già, poiché poesia è da “poiesis”, ovvero: prodotto, prodotto fatto con ingegno e maturata esperienza, con pazienza e sagacia.

Tutta la grande arte è artigianale… nel senso più profondo e antico del termine.  E in ciò le espressioni dell’arte tutte si riconoscono e si assomigliano…

E tanto più si riconoscono poesia e musica… anche perchè fatte degli stessi elementi… struttura, forma, accento, suono, ritmo… Cos’altro è musica?

La poesia, quella che di tale nome è degna, è infatti sempre e fondamentalmente musica!

E tanta musica c’è nella poesia di Nello… struttura, forma, accento, suono, ritmo… tutto!

Inopportuno e incoerente dal punto di vista di una stretta logica toponomastica intitolare dunque a Nello, proprio perchè poeta, una via di questo nostro paese, Villa Strada, in cui la nomenclatura viaria è legata ai musicisti? Tutt’altro! Tutt’altro!

Nello visse qui in questo nostro paese di Villa Strada a lungo: ininterrottamente dal dopoguerra fino alla morte. Ebbene come si sarebbe potuto per una società quale la nostra che ambisce e mira – almeno spero e certo lo sperava Nello – all’alto primato della civiltà non dare riconoscenza ufficiale e quindi pubblica a un proprio figlio che con la sua produzione ha contribuito a far sì che questa società avanzasse sulla via che porta alla civiltà?

E già, perchè, usando altra metafora, Nello ha contribuito senza dubbio all’innalzamento dell’edificio della civiltà della nostra locale comunità cingolana!

Il “vivere civile” è il “vivere secondo cultura” ovvero il “far vivere la cultura”… non a caso “civiltà” suona “cultus” nella lingua dei nostri padri, da cui appunto “cultura”… che è non un insieme di nozioni, una conoscenza enciclopedica… cultura è quel sistema o insieme di contenuti condivisi che impregna la terra su cui si cammina e l’aria che si respira… ciò che ci unisce, che fonda la nostra identità, di singoli e di collettività… di fatto la nostra vita, ad un livello ben più che superficiale.

Ma la vita si sa è gravata e vinta dal tempo. E con la vita è vinta dal Tempo la civiltà che in modi e forme sempre differenti in vari momenti e in diversi luoghi è della vita insieme manifestazione ed anima.

Gli argini che Niccolò Machiavelli invitava a porre al dilagare di Fortuna, così che essa non “allagasse”, soffocando il vivere umano, vanno posti anche all’avanzata devastatrice e impietosa del Tempo.

E per raggiungere tale fine un modo solo è dato all’uomo: il ricordare.

È insieme dunque un dovere e una necessità per l’uomo tutelare e curare la memoria: personale e così della società e della civiltà in cui egli vive.

E in questo mondo in cui nulla è destinato a durare per sempre, tra le molte manifestazioni della memoria, individuale e collettiva, la più duratura e insieme più ricca è quella offerta dall’arte!

Nello ciò aveva compreso pienamente.

Dell’esser poeta egli aveva scorto questo immenso profondo valore. E proprio con la confessione della consapevolezza di tale scoperta chiuderà un suo tardo, struggente sonetto, intitolato ‘Nnanzi u specchio: un componimento cui Nello di fatto affida il suo testamento artistico e spirituale. E nel far ciò Nello ci consegna un messaggio: un messaggio propositivo di grande, enorme portata: l’invito a fare ognuno, nell’ambito delle proprie possibilità, con la mano o con l’ingegno, la nostra parte nell’innalzamento dell’edificio della civiltà.

La vita di ognuno di noi, seppur destinata alla mortalità, gioca, se lo si vuole – ci dice Nello in questo sonetto – un ruolo unico e irripetibile nella vicenda che ha per termine l’immortalità della civiltà umana. Poco ci è dato di vivere ma ciò che possiamo fare in questo breve lasso di tempo può permetterci di vincere, per parlare con il sommo autore dei Sepolcri, di “mille secoli il silenzio”, di guadagnare cioè ognuno e così di guadagnarla per l’intera nostra società quell’immortalità che sola è concessa all’uomo, l’unica certa: quella che su questa terra, e non altrove, ci è offerta: quella che risuona nell’edificio splendente della cultura.

‘NNANZI U SPECCHIU

Me so guardatu ‘nnanzi ‘u specchiu

e smorciamme ho sentutu tutti i fianghi

vedennome sformatu e fattu vecchiu

e co’ i capigli pochi e tutti bianghi…

Ho dittu tra de me, stregnenno ‘u core:

“Primavera è passata e ‘rria l’inguerno;

smorciammo de ‘sta vita ‘u troppu amore

e pensammo un pocucciu pe’ l’eterno.”

Ma ‘na risposta m’è venuta tostu:

“se ‘nvecchia ‘a carne: è santa verità,

però chi ha core, l’anima c’ha a postu;

chi lassa quarghe co’ che trincherà

(quarghe co’ che se veda, no’ nascostu)

Po’ sta’ seguru che non creperà!

Nella foto, scattata da Giorgio Fabrizi dopo la cerimonia, da sn: Luca Pernici, Gilberto Giannobi, il Sindaco Filippo Saltamartini, Fabrizio Fabrizi, la vedova Settina con la figlia Flavia Fabrizi, Filippo Fabrizi, Iolanda Baldoni di “Voci Nostre”, Basilio Fabrizi e in ultimo Enea Angelucci


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